Oggi primo giorno di lavoro dopo 3 settimane di ferie, l’inferno è realtà insomma. Torno a casa, impasto il pane, doccia, devo piegare i panni asciutti e fare un’altra lavatrice, devo… STOOOP! Mi guardo intorno, apro il frigo, birretta, patatine, divano, pc e via a buttar giù un altro articolo che ultimamente sono stata un po’ assente, giustificata però!
Sono appena tornata dal Perù ma ho deciso di raccontarvi invece di dove ero oggi 2 anni fa perché dopo un viaggio al freddo ho ancora voglia di mare, di sole, di calore, quello di Cuba.
La bella e bistrattata Cuba, con la sua storia affascinante e le sue mille contraddizioni, con i sorrisi bianchissimi delle persone e quella musica che sembra avvolgere l’aria.
La casa particular di Sorayda dove ho dormito la prima notte all’Havana e le sue patatine fritte a colazione, untissime di olio ma tanto buone.
Le strade polverose dell’Havana, il Malecon pieno di giovani, birre e illuminato da un tramonto che ancora rivedo se chiudo gli occhi.
Vendita di libri per le strade de l’Havana
La coloniale Trinidad con le sue vie di ciottoli e la passeggiata a cavallo sotto la pioggia.
Il ponte tibetano sul Rio Miel, che mi è costato 5 anni di vita e un attacco di panico che se non fosse stato per Marzia e Luciano sarei ancora là, e poi la traversata abusiva in barca a remi guidati dalla luce della luna e le risatine soffocate per non essere scoperti.
Le piscine in mare aperto e le spiagge bianche, il bagno a mezzanotte a Ferragosto, le aragoste, i mojitos, le pina colada, le Pontiac anni ’50, i sigari, il rum.
Bahia de Imias
Le file infinite per comprare qualsiasi cosa, per cambiare i soldi, la lentezza estenuante della gente ma soprattutto la diffusa incapacità di lavorare per produrre, per guadagnare, per fare meglio, perchè in fondo per loro è lo stesso. E nonostante questo aspetto mi abbia più volte infastidito mentre ero là, perchè trovavo inaccettabile recarmi in un negozio per acquistare una carta telefonica e dover aspettare che la commessa finisse di spinzettarsi le sopracciglia o dover aspettare 45 minuti per aver una pizzetta surgelata riscaladata, col senno di poi credo che questa inerzia sarà, almeno ancora per qualche anno, la salvezza di questo popolo e delle sue lente tradizioni.